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Biennale di Venezia 2022: “Il latte dei sogni”
Ispirata ad un libro di favole di Leonora Carrington, la mostra "Il latte dei sogni" è rimasta aperta al pubblico dal 23 Aprile al 27 Novembre 2022. A cura di Cecilia Alemani e con la presenza di Roberto Cicutto, la mostra è stata esposta tra il Padiglione Giardini e l'Arsenale e ha visto la partecipazione di 212 artisti provenienti da 58 nazioni.
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..Durante la 59° edizione della mostra Biennale di Venezia, il tema della “neutralità carbonica” è stato protagonista indiscusso, già introdotto ed avviato nel 2021 tramite un percorso di rivisitazione di tutte le proprie attività secondo principi consolidati e riconosciuti di sostenibilità ambientale. La mostra è stata aperta al pubblico da sabato 23 Aprile a domenica 27 novembre 2022, ai Giardini e all’Arsenale, a cura di Cecilia Alemani e con la presenza di Roberto Cicutto.

La mostra è stata strutturata ed esposta tra il Padiglione Centrali ai Giardini e L’arsenale, dove sono stati presenti circa 212 artisti provenienti da 58 nazioni, di cui 26 italiani, con 1433 opere e oggetti esposti, delle quali 80 erano nuove produzioni.

Il titolo della mostra “Il latte dei sogni” è stato ispirato da un libro di favole di Leonora Carrington, ci spiega Cecilia Alemani, una storia fantastica che descrive un mondo magico dove la vita muta in continuazione, e nel quale si cambia, ci si trasforma e si diventa altro dal proprio sé. La mostra ha scelto proprio le creature fantastiche di questo racconto per evidenziare il concetto della metamorfosi del corpo e della definizione di essere umano, come tema principale.

Opera di Felipe Baeza (Messico, 1987) per la mostra “il latte dei sogni”

Opera di Felipe Baeza (Messico, 1987) per la mostra “il latte dei sogni”

La mostra è nata dall’insieme di discorsi e domande poste dagli artisti negli ultimi mesi, che ruotano intorno alla sopravvivenza umana, chiedendosi come stia cambiando il concetto di “essere umano” e le differenze tra esso e le altre forme di vita e non; quali sono le responsabilità che ha esso nei confronti di queste altre forme di vita e dell’ambiente nel quale viviamo, in ultimo, come sarebbe la vita se l’umano non esistesse. Questi sono i quesiti esistenziali posti, ma il cuore pulsante della mostra possiamo trovarle in tre aree principali: la metamorfosi e la rappresentazione dei corpi, la relazione tra umano e tecnologia, e il legame interconnesso tra Terra e umano.

Lungo il percorso del Padiglione Centrale e alle Corderie è stato possibile ammirare cinque piccole mostre a tema storico che costituivano delle costellazioni, nelle quali erano presenti opere d’arte, oggetti trovati e manufatti utili per sviluppare i temi principali della mostra. Raccolti in delle capsule del tempo, questi oggetti sono serviti a capire meglio la corrispondenza tra opere storiche e le opere elaborate dagli artisti contemporanei anche a distanza di generazioni, con un approccio trasversale e dinamico.

Questa mostra ha preso forma in un periodo di forte incertezza ed insicurezza, infatti, la sua concezione è avvenuta durante l’inizio e il continuo della pandemia di Covid-19 e che ha costretto questa edizione ad essere posticipato di un anno, un evento verificatosi solo durante la Prima e la Seconda guerra mondiale. Questo avvenimento rappresenta il simbolo di uno sforzo collettivo miracoloso e che, secondo Cecilia Alemani, ha permesso nuovamente a persone di tutto il mondo di viaggiare ed incontrarsi in totale libertà, condividendo gioia, la differenza e della comunione.

Per questo la mostra è stata anche una rappresentazione dei tumulti di questo periodo storico, dove l’arte e gli artisti permettono alla società di immaginare nuove forme di coesistenza e nuove, infinite possibilità di trasformazione.

Secondo il presidente Roberto Cicutto, la mostra di Cecilia Alemani presenta caratteri armoniosi ed originali, molto distanti dal concetto di antropocentrismo ai quali siamo abituati, portandoci un viaggio dove si instaurano nuovi legami grazie al dialogo tra esseri diversi e il nostro ambiente naturale.

In questa edizione della Biennale, la curatrice ha accettato di creare e studiare il primo College Art nella storia della Biennale, affiancata dalla mostra del Cinema, danza, teatro e musica ed i risultati sono stati più che soddisfacenti. Ma la tappa più importante e consolidata questa edizione della mostra è stata il raggiungimento della crescita di tutti gli artisti contemporanei (grazie anche alle attività del proprio Archivio Storico e la costituzione di un Centro Internazionale della Ricerca sulle Arti Contemporanee) contribuendo all’arricchimento della funziona storica per la produzione di allestimenti.

Per la prima volta ospiti della Biennale di Venezia, ci sono stati paesi come La Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell’Oman e L’Uganda, mentre hanno partecipato per la prima volta con i propri padiglioni, Kazakhstan, Repubblica del Kyrgyzstan e Repubblica dell’Uzbekistan.

Foto di Cecilia Alemani, curatrice per la Biennale di Venezia 2022

Tra i progetti principali di questa edizione abbiamo avuto il Progetto Speciale del Padiglione delle Arti applicate (Tiger strike red) di Sophia Al-Maria, e “U scantu” di Elisa Giardina Papa, al Forte Marghera.

Il primo progetto si tratta di una collaborazione tra la Biennale e il Victoria and Albert Museum di Londra; che ha reso possibile l’esposizione dell’opera di Sophia Al-Maria, Artista, scrittrice e regista americana di origine qatariota. L’artista ha realizzato un video (terzo di una serie) che include le opere Beast Type Song (2019) e Tender Point Ruin (2021. E stata presa ispirazione dalla collezione di automi del Victoria and Albert Museum di Londra, accostandosi all’erotismo particolare dell’automa conosciuto come “Tigre di Tippu” Realizzata per il sultano Fateḥ ʿAlī Tīpū, che nel XVIII secolo governava il Mysore, nell’India meridionale, la scultura meccanica rappresenta una tigre intenta a dilaniare un soldato britannico, e questo automa rappresenta il desiderio di vendetta verso il nemico colonialista e l’accoppiamento uomo-bestia, avanzando l’ipotesi che lo sguardo del maschio bianco sia ancora presente nelle nostre visioni collettive del futuro, e suggerisce che i mostri immaginari evocati dal colonialismo britannico – siano essi la tigre di Mysore o l’immagine di donne che indossano il niqab – siano profondamente radicati nelle nostre macchine e tecnologie odierne.

Il secondo progetto di Elisa Giardina Papa, intitolato “U scantu” è una reinterpretazione del mito siciliano delle “donne di fora” (donne di fuori), al contempo femminili e mascoline, in parte umane e in parte animali con impulsi vendicativi. Il video rappresenta delle adolescenti che sfilano per le vuote architetture post-moderne di Gibellina Nuova pedalando sulle loro biciclette e con potenti impianti stereo (bike tuning); scene intervallate dalla comparsa di versi e immagini riprese da una raccolta di favole siciliane del diciannovesimo secolo e da ricordi d’infanzia dell’artista creatrice costellati da canzoni e racconti che le diceva sua nonna. Con questa opera Sophia Al-Maria ripropone il magico, il rituale e il fantastico come delle forze in grado di distruggere le categorie determinate dell’uomo e della femminilità.

Anteprima di “Tiger Strike Red” video selezionato di Sophia Al-Maria per il progetto speciale del Padiglione Arti Applicate

In via del tutto esclusiva, per questa edizione della Biennale è stato avviato il progetto “Biennale Sessions” alle università, accademia e altre istituzioni operanti nel settore dell’arte, con l’obbiettivo di facilitare visite di tre giorni organizzate per gruppi di almeno cinquanta studenti (e docenti inclusi) con la possibilità di effettuare seminari in luoghi di esposizione gratuitamente offerti e assistenza per viaggio e soggiorno.

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